La discussione della tesi di laurea rappresenta, per molti, l’ultima tappa di un percorso vissuto dietro a un banco di scuola, seduti alla guida di un’invisibile capsula del tempo che conduce dall’infanzia all’età adulta, proiettando sulle lavagne delle aule un paesaggio teorico, scritto nel codice alfabetico o dei simboli matematici, ma capace di rivelare, qualche volta, dietro oscure interpretazioni, una scintilla del futuro che ci attende.
Per i nostri studenti, inoltre, è l’occasione di confrontarsi sul loro personale viaggio nella prima consistente prova di traduzione. Sono chiamati a descrivere quali scelte hanno adottato per rimediare alle discrepanze semantiche tra la lingua di partenza e quella di arrivo, quali compromessi fra i significati hanno dovuto considerare, quali strade hanno intrapreso per preservare lo spirito e la lettera del testo, augurandosi di trovare una soluzione intellegibile a problemi che richiedono una grande capacità di equilibrismo. Il poeta e traduttore inglese John Dryden sosteneva infatti che tradurre sia “a tutti gli effetti come camminare sulla corda con le gambe legate”, un compito apparentemente insensato ma non avaro di emozioni.
E le emozioni di questa giornata sono quelle condivise coi familiari e gli amici più stretti, dalla scelta dell’abito per entrare in un luogo abitato per anni come si fa con un’abitudine, all’attesa della discussione, fino al sollievo e alla leggerezza quasi disorientante che fa seguito alla proclamazione.
Tra gli argomenti esposti, numerosi quelli in tema di marketing e di analisi sociale: la sostenibilità come faro di una nuova etica del quotidiano o aziendale, il significato dei beni voluttuari della tradizione e dell’epoca moderna, approfondendo il caso del brand di Louis Vuitton, o l’interazione tra i marchi cult dello streetwear e le case di moda d’élite; il design come strumento culturale per assegnare un nuovo senso alle cose, e l’imprenditoria al femminile attraverso l’esperienza di successo di Maria Solodar.
Numerose anche le proposte di testi inediti sulla questione di genere, esaminata da differenti prospettive: un ritratto, a firma di Estelle Freedman, delle forze storiche che hanno alimentato il movimento femminista negli ultimi duecento anni esplorando il modo e le forme in cui le donne oggi guardano al loro presente con nuovi approcci alle questioni del lavoro, della famiglia, della sessualità e della creatività; uno studio condotto dalle Nazione Unite sui costi economici della violenza contro le donne; un estratto del romanzo di T. Christian Miller e Ken Armstrong , vincitori del Premio Pulitzer, da cui è stata tratta una serie per Netflix Unbelievable, uno sguardo inedito sulla storia del matriarcato in Cina.
Non sono mancate le escursioni nella letteratura e nel folklore popolare slavo attraverso uno scavo nelle radici della lingua, e racconti di frontiera al di là degli Urali, nel cuore della Siberia; ma anche un’analisi multidisciplinare sulle mummie, prolifico soggetto cinematografico, prima ancora soggetto di studio di scienze umane, scienze pure, anatomia e botanica; l’influenza storica del doppiaggio nell’industria cinematografica di Hollywood, attraverso cui l’America è riuscita ad affermare la propria cultura.
Infine la scoperta di un testo Is That a Fish in your Ear? che percorre la storia culturale della traduzione basandosi su esempi concreti, e confutando alcuni dei cliché associati questa pratica, a partire da quella che traduzione debba essere una forma di tradimento, quanto meno stilistico.
Per quanto ci riguarda, invece, non resta che augurare a tutti i nostri neo-laureati e neo-laureate di proseguire il loro viaggio, non avaro di emozioni, da funamboli della parola tra le sorprendenti sfumature della lingua e della vita.